La storia di Genga è ricca anche di figure di prestigio, che hanno raggiunto grande notorietà nel campo delle armi, nel culto delle belle lettere, nella politica e, soprattutto, nelle dignità ecclesiastiche. Gran parte di esse, se non tutte, appartengono alla illustre e secolare famiglia dei già ricordati Conti della Genga. Gli storici ricordano valenti guerrieri come Guido, Ercole, Contuccio, Donnino, Ottaviano, Pirro, Nardino; acuti letterati come la poetessa Eleonora ed altri; personaggi politici come Prospero e Roberto. Non potrà essere dimenticato il Cardinale Gabriele della Genga, appartenente al ramo dei Conti, che fu uomo di grande rettitudine e governò l'arcivescovado di Ferrara sino al 1847, poi si trasferì a Roma dove ebbe importanti incarichi dal Papa Pio IX. Morì nel 1861. Grande attenzione merita l'uomo più illustre cui Genga ha dato i natali, Annibale della Genga, figlio del Conte Flavio e dalla Contessa Maria Luisa Periberti di Fabriano, che fu Pontefice con il nome di Leone XII.
Ordinato sacerdote a Roma nel 1783, Annibale fu nominato Vescovo dal Papa Pio VI nel 1794 e successivamente inviato in Germania in qualità di Nunzio Apostolico. Chiusa la parentesi tedesca, in seguito all'esilio di Pio VII, che era succeduto a Pio VI, si ritirò nella sua Genga, nella ridente località di Moncelli, ove intendeva trascorrere il resto della sua vita. Non fu così. Nel marzo 1816 Pio VII lo proclamò Cardinale e sarà proprio lui, nel 1823, a sostituirlo sul trono pontificio. Nel suo breve pontificato (morirà infatti sei anni dopo, nel 1829, all'età di 69 anni) potè lavorare assiduamente, con spirito riformatore, iniziando importanti opere che saranno poi condotte a termine da Gregorio XVI e Pio IX. Si impegnò alla riforma dell'amministrazione vaticana, portando a termine la riforma tributaria. Pubblicò il codice Reformatio Tribunalium. Riordinò le Università del suo Stato con la bolla Quod divina sapientia, dell'agosto 1824, suddividendole in due classi: alla prima assegnò quelle di Roma e Bologna, con trentotto cattedre; alla seconda quelle di Ferrara, Perugia, Camerino, Macerata e Fermo, con diciassette cattedre. Istituì, nello stesso tempo, la Congregazione degli Studi, allo scopo di controllare l'operato delle Università stesse.
Volle rivedere anche l'indice dei cosiddetti libri proibiti, e tra questi, con gesto profetico, fece togliere alcune opere di Galileo. Definì anche un progetto di riforma delle parrocchie romane, sopprimendone 17 e creandone 9. Stabilì che tutti i parroci dovessero percepire la stessa congrua. Nonostante l'importanza e l'originalità delle suddette iniziative, è indubbio che l'avvenimento più conosciuto ed arduo del suo pontificato fu il grande Giubileo del 1825. Il Giubileo riscosse un notevole successo e registrò una imprevista partecipazione. Leone XII non dimenticò certamente Genga, suo paese natale, ma la brevità del suo pontificato gli impedì di realizzare quanto avrebbe voluto. Fece migliorare la viabilità di molte strade, ed alcuni lavori fece fare anche a Frasassi. Preparò, senza poterlo poi realizzare, il progetto di elevare Monticelli cui era molto affezionato, ad Abbazia.
Diede incarico al celebre architetto francese Valadier di progettare un tempio ottagonale, da costruire all'interno della Grotta del Santuario. Una volta realizzato il Tempio, Leone XII provvide a far collocare al suo interno una bella immagine di Madonna in marmo candido, opera della scuola del Canova. Oggi tuttavia, al posto dell'originale, che si conserva nel Museo di San Clemente, è stata collocata una copia. Si deve ricordare infine che Leone XII riuscì a dare maggiore estensione e nello stesso tempo terre più fertili all'allora povero e piccolo comune di Genga inserendo nuove frazioni: Trinquelli, Colleponi, Casamontanara, San Donnino e Rocchetta.